“Get closer than ever to your customers.
So close that you tell them what they need well
before they realize it themselves”
– Steve Jobs, Co-founder Apple Inc.
Fino a non molti anni fa le aziende potevano trascurare e prendere meno in considerazione i loro clienti rimanendo indenni, in quanto questi ultimi avevano poche scelte e minor potere di influenzare le attività e il raggiungimento degli obiettivi societari.
Il focus non era indirizzato a questioni esterne come i bisogni, i desideri e le preferenze dei clienti, bensì a quelle interne come la produzione, il miglioramento della produttività e delle performance, l’ottimizzazione dei costi. L’obiettivo primario era l’eccellenza operativa e di prodotto, definendolo in modo da soddisfare un insieme limitato di bisogni del cliente o potenziale tale, per poi estenderlo a tutto il mercato.
Emblematico quanto veniva scritto da Henry Ford all’interno della sua autobiografica: “Any customer can have a car painted any color that he wants so long as it is black” (Ford, 2018).
Il vecchio orientamento al mercato che le imprese perseguivano era basato sulla product centricity. Avendo una visione interna, si focalizzavano sulla produzione efficiente di prodotti e servizi superiori raccontati attraverso le tradizionali campagne di massa e non sugli acquirenti di quei prodotti. La letteratura tradizionale di marketing considerava i consumatori come semplici destinatari delle offerte delle imprese (Von Hippel, 1978) e il loro ruolo era limitato alla possibilità di selezionarle o meno.
Al giorno d’oggi però gli studiosi considerano obsoleta questa tipologia di approccio (Von Hippel, 2005). I clienti (sempre più alla ricerca di soluzioni e non di prodotti), i contesti e i paradigmi stanno cambiando e le aziende si rendono conto che sarà necessario ben altro per ottenere un successo sostenibile a lungo termine e questo non potrà essere perseguito senza un sincero interesse verso il consumatore che in questa era di veloci e costanti cambiamenti, diventa il centro indiscusso dell’attenzione.
A distanza di anni, in un presente dove ogni autoveicolo è costruito quasi “su misura”, cercando di soddisfare ogni esigenza degli acquirenti chiave, Julie Francis, membro del team di progettazione colori e materiali di Ford Europa, afferma che “Per gli acquirenti, scegliere il colore della propria auto è qualcosa di estremamente personale: osservando il fenomeno più da vicino, si scopre che cultura, moda e trend dei vari mercati europei hanno un impatto determinante sulla scelta cromatica del cliente” (firenze.repubblica.it).
La realtà è cambiata.
Cosa vedremo in questo post?
● Lo stato attuale della customer centricity.
● Cosa significa essere orientati al mercato.
● La disruption dello status quo: l’inizio dell’evoluzione.
● L’evoluzione della figura del cliente.
● Da una logica di massa ad una di personalizzazione.
● Il valore della personalizzazione.
● La conoscenza e la comprensione alla base della customer centricity.
● Un approccio data driven per la customer centricity.
● La Customer Lifetime Value come elemento di segmentazione e targetizzazione.
● L’analisi del Customer Journey e delle fasi del funnel.
● L’integrazione omnicanale.
● Dalla reazione alla previsione.
● La customer experience come vantaggio competitivo sostenibile.
Inoltre, se non hai ancora letto l’introduzione a questa linea di post, la puoi trovare qui.
1.1 Lo stato attuale della customer centricity.
Il paradigma della customer centricity non è nuovo e viene discusso da più di 50 anni. Già nel 1954, Drucker scrisse nel suo libro, The Practice of Management, che: “it is the customer who determines what a business is, what it produces, and whether it will prosper”. Da quel momento, la centralità del cliente iniziò a divenire un concetto decisivo anche se le ricerche in merito presero piede solo all’inizio degli anni 90 trovando sempre più interesse con il passare del tempo.
Nonostante ciò, alcune imprese faticano ancora a conformarsi completamente a questo approccio e “il cliente deve stare al centro” rischia di restare solo e soltanto un mero slogan. Molte sostengono di essere centrate sul cliente ma la verità è che la maggior parte di esse sono solo consapevoli di questo continuando però a operare con processi e incentivi legati al prodotto. Altre invece stanno muovendo i primi passi. Spesso vi è una discrepanza tra l’esperienza che un’azienda crede di offrire e quanto percepito dal consumatore (Capgemini group, Customer experience – What’s it all about?), essendoci un grande divario tra le due parti: mentre il 75% delle imprese pensa di essere centrata sul cliente, solo il 30% dei consumatori ritiene che sia così (Capgemini Digital Transformation Institute analysis, Capgemini digital customer experience executive survey, 2017).
In aggiunta a ciò, ad oggi vi è un gap tra le aspettative dei clienti e come queste vengono soddisfatte dalle aziende. Solo il 38% dei consumatori statunitensi afferma che le imprese e i dipendenti con i quali hanno dei rapporti comprendono le loro esigenze mentre il 46% di quelli ex USA dichiara di vivere la stessa situazione (PwC, Future of Customer Experience Survey 2017/2018).
Non basta dire di essere focalizzati sul cliente. Bisogna mettere in pratica questo principio in ogni aspetto delle attività, non trattandosi di una considerazione una tantum ma di un processo che pone un focus costante sul cliente.
Di certo, ripensare un’organizzazione attorno al cliente può essere un compito arduo, specialmente dopo anni di successi guidati dal prodotto. Una vera e propria sfida che richiede un’evoluzione culturale rispetto al pensiero tradizione, nuove competenze e una volontà di aderire a modelli di lavoro moderni.
In qualsiasi caso, il panorama aziendale sta cambiando rapidamente e il processo di cambiamento è avviato, consolidandosi sempre più. Harvard Business Review rileva che oltre un terzo delle società Fortune 500 si sono ristrutturate in un’ottica di customer centricity, riconoscendo, tra le altre cose, che il campo della competizione si è spostato dal prodotto all’esperienza complessiva del cliente.
Per un’azienda, raggiungere la centralità del cliente non è più un elemento di differenziazione ma un fattore decisivo per sopravvivere.
1.2 Cosa significa essere orientati al mercato.
La customer centricity, interessando vari settori e aziende a diversi livelli organizzativi, ha visto emergere più definizioni sia dalle comunità accademiche che da quelle imprenditoriali. Al fine del presente elaborato, la customer centricity viene intesa come la “propensione di un’impresa a porre il cliente al centro delle proprie decisioni, traducendole in una customer experience di valore per il cliente e per l’azienda stessa” (Addis e Guerini, 2017).
Da questa definizione traspare l’essenza della centralità del cliente, la quale non riguarda unicamente il modo in cui prodotti vengono venduti bensì il processo di duplice creazione del valore, per i clienti e per l’azienda.
“Essere orientati al mercato significa, oggi, essere cliente – centrici” (Guerini e Fornaciari, 2020) difatti questo nuovo orientamento consiste nel mettere il cliente al primo posto (Deshpande et al., 1993; Houston, 1986; Jaworski e Kohli, 1993), diventando il punto di partenza, riferendosi al fenomeno secondo il quale le realtà che soddisfano le esigenze, i bisogni e le aspettative dei clienti meglio della concorrenza riescono a generare un vantaggio competitivo e una redditività maggiore (Day, 1994; Jaworski e Kohli, 1993; Kirca et al., 2005; Kohli e Jaworski, 1990). Il cliente attuale e potenziale viene posto al centro del business e dei modelli operativi.
Lo scopo di questo approccio non è più il modo in cui i prodotti vengono venduti ma la creazione di valore aggiunto, soddisfando i reali bisogni, espressi ed inespressi, dei clienti in tempo reale, ossia nel momento in cui sorgono. Levitt (1960) affermò che le imprese non dovrebbero più concentrarsi sulla vendita di prodotti ma piuttosto sul soddisfare le esigenze e i bisogni dei clienti, divenendo più importante di qualsiasi altra priorità strategica.
Si vuole sottolineare come l’offerta continua a rivestire una posizione di centrale importanza e come sia scorretto pensare che la customer centricity prescinda dai prodotti o servizi che sicuramente dovranno essere di reale valore e utilità, ripensando i prodotti e i servizi soffermandosi su ciò che il cliente vuole, di cui ha bisogno e per cui è disposto a pagare. Proposte che anch’esse dovranno essere orientate al singolo cliente specifico, a partire da uno sguardo che, a differenza del passato, andrà dall’esterno dell’organizzazione verso l’interno e non viceversa.
Inoltre, le imprese iniziano a comprendere il vantaggio di dotarsi di una catena di fornitura dove vi è un contatto diretto con i clienti chiave così da poterli conoscere per offrire ciò che effettivamente vogliono e sono disposti a pagare, soddisfando le loro esigenze in continua evoluzione. Anche la supply chain per essere strategica ed efficace dovrà essere incentrata sul cliente.
Sarà invece il business model che dovrà mantenere allineate le tre componenti critiche ossia ciò che il cliente chiave si aspetta, ciò che l’azienda ha promesso (la value proposition) e ciò che può essere fornito (le capabilities). Pena la vanificazione delle altre attività.
1.3 La disruption dello status quo: l’inizio dell’evoluzione.
Cercando di superare il vecchio orientamento al mercato, i CMO e i marketing manager stanno ripensando alle modalità in cui il business viene condotto, attraverso la sperimentazione di strategie finalizzate allo sviluppo di relazioni di valore con i clienti attuali e potenziali andando oltre l’acquisto. L’interesse non sarà più rivolto solo alla vendita di un prodotto ma soprattutto alla cura della relazione con gli acquirenti. Inizia così una trasformazione da impresa centrata sul prodotto, che trovava i clienti per la sua offerta, a impresa centrata sul cliente, che trova dei prodotti per i suoi clienti.
Difatti, la prima vera sfida della customer centricity è quella di superare questa visione così da ottenere quelle capacità di comprendere concretamente le esigenze e i bisogni dichiarati e inespressi del cliente, le sue preferenze, le circostanze e la fase del viaggio d’acquisto adattando i modelli di business e le attività per fornire soluzioni altamente personalizzate, non prodotti, con il fine di aiutare il cliente, non di vendere.
Per molte aziende, rispondere alle nuove aspettative dei clienti con relazioni proattive, ingaggianti e coinvolgenti significa un allontanamento radicale dallo status quo. L’elemento di disruption rispetto allo status quo è proprio l’approccio cliente – centrico che dovrà essere favorito all’interno di tutti i dipartimenti, funzioni e processi aziendali.
Per essere sviluppato, questo nuovo paradigma dovrà pervadere tutta l’organizzazione e non unicamente la funzione Sales & Marketing. Gli sforzi tesi al raggiungimento dei nuovi standard non sono circostanziati in un’unica business unit ma rappresentano un mandato strategico per l’intera azienda ed essendo, quello della customer centricity, un processo complesso, dovrà passare da un concreto cambiamento culturale, organizzativo, relazionale, procedurale e tecnologico poiché il nuovo orientamento al mercato risulta altamente correlato con questi elementi.
La centralità del cliente è prima di tutto una questione di cultura aziendale. Perciò la cultura e l’organizzazione delle nuove imprese dovranno evolversi per sostenere un costante miglioramento della Customer Experience ed essere sempre allineate con i bisogni del consumatore.
In aggiunta, si ricorda che per ottenere un’esperienza cliente eccellente si dovranno eliminare i silos tra i team che compongono la struttura aziendale, soprattutto tra quelli di vendita, marketing e service in quanto è da questi che inizia il viaggio verso la centralità del cliente ed è dove l’impresa incontra il mercato. I marketer dovranno essere in grado di considerare l’impresa nella sua globalità, evitando approcci compartimentali e operando collettivamente.
Chiunque nell’ambiente aziendale dovrà cooperare, condividendo e supportando il valore prioritario secondo il quale ogni decisione e azione parte dal cliente, diventandone sostenitori in quanto si è compreso che la fedeltà e l’advocacy (migliore rispetto a quella della forza vendita) è la nuova componente critica per la redditività a lungo termine. Per ottenere un vantaggio competitivo sostenibile ogni parte dell’organizzazione dovrà soddisfare i bisogni e le aspettative della clientela meglio della concorrenza. In tal senso, sarebbe utile definire incentivi basati su metriche incentrate sul cliente per favorire il perseguimento di nuovi e migliori modi per contribuire a questa causa primaria.
Allora la centralità del cliente, oltre ad essere una strategia di business volta ad enfatizzare la priorità del cliente per tutta l’organizzazione, è una questione di mentalità e l’efficacia delle partnership interne all’organizzazione ne sono un prerequisito necessario. Il 54% dei marketer, consapevole di quanto sopra scritto, crede che il ruolo futuro del marketing sarà quello di collaborare con altre funzioni come l’IT, le vendite e la finanza per realizzare le strategie aziendali (The Future Marketing Organization, Marketing Week / MiQResearch, 2018). Nell’era digitale, con l’ascesa dei social media e il feedback immediato dei clienti, i confini tra le funzioni tradizionali divengono ancor più labili.

1.4 L’evoluzione della figura del cliente.
Il ruolo del cliente è mutato: non è più un mero destinatario passivo delle decisioni di marketing prese dall’azienda e imposte al target bensì diviene un soggetto attivo, proattivo e partecipativo (Fournier, 1998; Vargo e Lush 2008). Un coinvolgimento e una partecipazione, quella del consumatore, sempre più pervasiva, fino ad entrare attivamente nei vari processi decisionali e creativi dell’offerta secondo un approccio collaborativo descritto con l’espressione “co-creazione di valore” (Prahalad e Ramaswamy, 2004) dell’esperienza e nello sviluppo congiunto dell’offerta; in una forma di partnership con l’azienda stessa e di contribuzione alle interazioni. Si dovrà passare dall’innovare per i clienti all’innovare con i clienti (Desouza et al., 2008; Nambisan, 2002). Le ricerche mostrano come si può avere un vantaggio competitivo nel coinvolgere i clienti nello sviluppo dei prodotti – servizi, sin dalle prime fasi di progettazione, e delle campagne (Prahalad e Ramaswamy, 2004). A tal proposito, un mezzo efficace per raccogliere nuove idee da acquirenti e partner mediante i canali digitali è il “crowd – sourcing”.
Il fattore “engage” e quindi il coinvolgimento del cliente di oggi, è fondamentale poiché questo desidera interagire con l’impresa. Ecco che il valore non dovrà essere definito solo per il cliente ma anche assieme ad esso, così da allineare l’offerta dell’impresa partendo da lui e dalle sue necessità per poi procedere a ritroso: il nuovo approccio al mercato definisce i prodotti e i servizi dall’esterno dell’impresa. Si dovrà passare dall’affrontare i problemi di business alla risoluzione di quelli dei clienti, dovendosi concentrare sull’ottenimento di clienti felici.
Per questo motivo, le aziende dovrebbero coinvolgere in modo proattivo gli acquirenti nella creazione del valore in senso ampio (Ramaswamy, 2008).
La customer centricity indica proprio il percorso da seguire per relazionarsi con la domanda in modo innovativo. Una domanda in continua evoluzione, con nuovi modelli di acquisto e di caratteristiche peculiari, la quale dovrà essere accompagnata da un cambiamento delle politiche di marketing specialmente nel contesto post-pandemico.
Il consumatore di oggi è attento nelle scelte, è sempre più informato, sofisticato ed esigente sia dal punto di vista qualitativo sia da quello della trasparenza delle comunicazioni e delle informazioni che riceve. Le aspettative raggiungono nuovi standard e la personalizzazione delle interazioni diviene imprescindibile per creare relazioni profonde con il target.
Innanzi tutto, si osserva come il cliente digitalmente connesso è fortemente dinamico con aspettative, preferenze e comportamenti in rapida evoluzione. Un’identità in costante mutamento che, abituandosi velocemente ai nuovi standard, ricerca un miglioramento continuo. Le organizzazioni si ritrovano ad operare in ambienti in cui le aspettative e le preferenze dei consumatori rischiano di cambiare prima che esse riescano a soddisfare i loro bisogni. Ciò che oggi è innovativo, domani potrebbe divenire ordinario. Un circolo di miglioramento che vede accelerazioni giorno dopo giorno per via di incrementi costanti delle aspettative.
Anche i modelli di acquisto stanno subendo delle trasformazioni, passando dal discrezionale all’essenziale. Questa tendenza ha visto un brusco incremento per via dell’impatto che il Coronavirus ha avuto sui bisogni e sulle attitudini comportamentali.
Il nuovo cliente, soprattutto per via degli effetti della pandemia, è responsabilizzato e parsimonioso. Spesso colpito finanziariamente e/o psicologicamente, riduce o interrompe gli acquisti non essenziali così da aumentare la selettività nel selezionare offerte utili e di valore (EY Future Consumer Index, “How COVID could change consumer behavior”).Il rapporto qualità-prezzo è una delle principali variabili chiave nei processi decisionali.
Il nuovo consumatore ha vissuto una trasformazione da soggetto che accetta passivamente quanto proposto dalle imprese a detentore di potere, richiedendo esperienze differenti. Esperienze che dovranno necessariamente essere memorabili, personalizzate, rilevanti, piacevoli, vissute su una pluralità di canali e sviluppate in base alle specifiche peculiarità, circostanze e momenti.
Questo, ottenendo un controllo crescente su quando, dove e come effettuerà un acquisto, si aspetta che quanto scelto venga consegnato e sia reso disponibile nel luogo e nel momento che lo soddisferà al meglio ed esige che ciò avvenga velocemente, semplicemente e comodamente. Le persone hanno un forte appetito per ciò che può agevolargli la vita in modo flessibile ed efficiente. Infatti, nonostante i meccanismi che costituiscono le fondamenta dell’economia digitale siano tecnologicamente complessi, i clienti si aspettano semplicità e fluidità. Queste tipologie di interazioni a “sforzo” minimizzato vengono oggi richieste ad alta voce e il Covid – 19 ha amplificato l’esigenza di facile accesso a prodotti, servizi e informazioni. Non solo, le interazioni attraverso il proprio canale preferito dovranno avvenire senza attrito e il passaggio tra questi dovrà essere senza soluzione di continuità. Nel nuovo mondo digitale, in cui le persone sono più connesse che mai, la gestione dell’esperienza del cliente interessa molteplici touchpoint e canali, prediligendo spesso le interazioni touchless e i pagamenti online, riducendo parallelamente le occasioni di acquisto fisico. Durante il Coronavirus, più del 77% dei soggetti ha aumentato l’uso di interfacce touchless per relazionarsi con le imprese, evitando quelle fisiche, e il 62% continuerà a farlo dopo la pandemia quando le restrizioni saranno rimosse (Capgemini Research Institute, AI in Customer Experience Customer Survey, April–May 2020).
In un simile contesto, la velocità diventa un fattore critico di successo e il tempo diventa un’arma competitiva, dovendo soddisfare le richieste nel minor tempo possibile. Non solo per la consegna dei prodotti: i clienti esigono anche risposte rapide a problemi, domande e reclami. Il 71% delle persone dice di essere sempre più interessata ai servizi che permettono un risparmio di tempo e fatica (Facebook IQ (2018), “Trends 2.0”. Research conducted by Crowd DNA) mentre più del 40% degli intervistati nel Global Consumer Insights Survey di PwC ha dichiarato che pagherebbe un extra per la consegna in giornata (PwC Future of Customer Experience Survey 2017/18).
In un’epoca in cui le richieste e le esigenze si evolvono in continuazione, la velocità delle prestazioni diventa necessaria per creare esperienze positive simili a quelle offerte dalle BigTech le quali continuano a fissare nuovi standard.
L’ottimizzazione del tempo e dello sforzo per i consumatori sono la nuova normalità. I brand che massimizzeranno il valore e la convenienza, minimizzando lo sforzo richiesto, sono quelli che prospereranno in futuro. Per rispondere alle mutevoli esigenze dei clienti, le aziende dovranno diventare estremamente agili e per questo motivo il 67% dei CEO afferma di aver dovuto ripensare la propria supply chain dato l’impatto dirompente del Covid – 19 (2020 Global CEO Outlook, KPMG International).
Le restrizioni imposte dalla crisi sanitaria e l’isolamento che ha comportato, hanno impattato in modo pervasivo sugli ambiti economici e sociali, traslando la maggior parte degli acquisti e delle interazioni sui canali digitali, accelerando notevolmente il mutamento delle abitudini. Si tratta di una profonda trasformazione delle attitudini comportamentali del consumatore (alcune già presenti in passato, altre che si sono acuite) e, di conseguenza, anche delle sue preferenze in termini di acquisto e fruizione di beni e servizi.
I consumatori portatori di nuove preferenze non solo possono individuare online ogni cosa che necessitano o desiderano ma possono farlo in qualsiasi luogo e momento ricevendolo sempre più spesso, in periodi brevissimi. In pratica, si presentano modalità innovative sia per le persone intente a procedere negli acquisti, sia per le imprese che dovranno coinvolgerle sviluppando esperienze pertinenti, differenziate e positive lungo tutto il processo.
Ciò ha portato ad un cliente digitalmente più esperto, immerso nella tecnologia e iperconnesso in quanto spesso online per ragioni differenti così da personificare un abile navigatore del web diretto verso la soddisfazione delle esigenze personali.
Internet ha dato inizio all’era dell’informazione e i consumatori, divenuti più scettici, ne sono diventati voraci utilizzatori. Il web, i social network, i motori di ricerca, gli aggregatori, la condivisione tra pari di recensioni, opinioni ed esperienze hanno permesso una riduzione delle asimmetrie informative tra le parti e il confronto tra le offerte ad un clic di distanza. Non serve altro che uno smartphone per comparare prezzi, leggere migliaia di review, comprendere la reputazione, la sostenibilità e molto altro. Il tutto in pochi secondi. Ciò restituisce ulteriore potere nelle mani dei clienti altamente informati.
Queste nuove abitudini e comportamenti sono destinate a perdurare anche quando l’emergenza sanitaria verrà superata. Infatti, sono cresciuti di tre volte i consumatori che dichiarano che, nel prossimo futuro, continueranno ad usare social network, chat, chatbot e app di messaggistica come canale principale per comunicare con le organizzazioni e per effettuare acquisti, per la maggior parte online (KPMG, International Research, 2020). In aggiunta, l’82% dei soggetti intervistati da KPMG nella “International Research” afferma che in futuro continuerà ad utilizzare strumenti di pagamento digitale.
Non si tratta unicamente del cambiamento del comportamento dei consumatori ma anche dei modi di creazione, valutazione e condivisione delle esperienze pre e post acquisto.
Al giorno d’oggi, l’ambiente economico dinamico, segnato dalla fulminea obsolescenza delle competenze digitali, e il panorama dei consumatori rimodellato stanno rapidamente cambiando le regole del gioco. Tuttavia, allinearsi con le suddette richieste è una sfida complessa, la quale si accentua per via della migrazione verso le relazioni digitali: la disruption tecnologica ha rivoluzionando il rapporto tra aziende e clienti. Una sfida che conduce ad un incremento degli investimenti nelle interazioni per sondare e implementare nuove modalità di comunicazioni online.
Senza dubbio alcuno, le tecnologie digitali sono un prerequisito e un abilitatore irrinunciabile per l’elaborazione di un progetto di trasformazione verso la centralità del cliente, ma non sono sufficienti da sole. Difatti hanno pari importanza le capacità aziendale di capire e affrontare concretamente i bisogni espressi e latenti del cliente fornendo esperienze positive, altamente personalizzate e rilevanti per le preferenze, le circostanze e il momento di ogni individuo. Anche se le relazioni con i futuri acquirenti non si tradurranno in rapporti 100% digitali, la customer centricity rimarrà un pilastro permanente: che sia attraverso canali fisici o virtuali, l’engagement andrà ripensato e modellato a misura di cliente.
1.5 Da una logica di massa ad una di personalizzazione.
Per risultare competitivi e aumentare le probabilità di successo è necessario porre il cliente in una posizione centrale, da protagonista e per questo la differenziazione e la personalizzazione della relazione risulta fondamentale per indirizzare offerte rilevanti, pertinenti e contestualizzate.
La personalizzazione permette alle aziende di sviluppare relazioni migliori con i clienti, incrementando la redditività e la fedeltà (Kelsey Robinson, interview with Dynamic Yield CEO LiadAgmom, “What’s happening with personalization on the front lines”, McKinsey, 2018). In passato, la maggior parte delle attività di marketing erano basate sul prendere in considerazione un “cliente medio” fittizio. Ad oggi però, grazie ai progressi tecnologici e analitici, i messaggi e le offerte possono essere adattate a gruppi target sempre più ristretti, fino ad arrivare potenzialmente al singolo cliente, o a micro-bisogni e occasioni (Carlotti et al., 2004).
I nuovi consumatori, richiedendo una maggiore discrezionalità di scelta, non vogliono più una semplice transazione bensì una vera e propria esperienza di acquisto e di utilizzo che sia altamente personalizzata in tutti gli aspetti del business ed incentrata su di loro. Perciò, la tradizionale comunicazione di massa diventa sempre meno efficiente per guidare il target, dovendo passare a quella one-to-one. Non si potrà più comunicare e trattare ogni cliente allo stesso modo.
Il loro desiderio è di sentirsi unici ed esigono che ciò venga riconosciuto dalle imprese le quali dovranno prima comprendere i desideri particolari per poi risolvere i loro problemi offrendo soluzioni dedicate ed esperienze che li soddisfino come individui. In tal senso, non potrà più bastare sapere il nome, l’età e il codice postale così da inserirli nelle varie comunicazioni (Turner, 2017) ma si dovrà dimostrare di conoscere l’acquirente profondamente e personalmente come individuo. Una sorta di celebrazione dell’eterogeneità.
La personalizzazione delle interazioni adattate ai bisogni specifici ha come abilitatore la tecnologia e permette di allineare rapidamente i prodotti – servizi, le informazioni e le raccomandazioni al singolo cliente in modo pertinente, fornendo la risposta corretta, al momento giusto sul canale adeguato. Per risponde alle diverse esigenze di acquisto non si potrà indirizzarli indistintamente verso la stessa opzione.
Inoltre, all’aumentare della complessità dei clienti, aumenterà la necessità di soluzioni ad hoc.
La capacità di sviluppare, fornire e, se possibile, prevedere l’esperienza giusta (anticipando i possibili futuri passi) nel momento preciso in cui il consumatore la desidera permette di sviluppare la customer loyalty incrementando il valore della vita del cliente e definendo il ritorno sull’investimento in marketing così da ottenere maggior fatturato e profitti, consolidando la posizione aziendale.
Per giunta, l’offerta e le interazioni personalizzate permetteranno di generare esperienze attraverso le quali i clienti si ritroveranno al centro di tutte le decisioni aziendali così da conferirgli maggior controllo. Quanto detto trova riscontro in uno studio condotto dall’Università del Texas, dal quale traspare che il bisogno di personalizzazione degli acquirenti deriva dalla possibilità di controllare e semplificare il processo decisionale, facilitando il processo di acquisto (Murthi, 2003.). Se si fornirà maggior controllo e si ridurrà lo sforzo, si potrà fornire una più rapida risoluzione dei problemi.
Il dato di maggior interesse probabilmente non è che l’80% delle persone sono più propense a rivolgersi, per effettuare degli acquisti, a quelle realtà che offrono soluzioni ed esperienze personalizzate (Epsilon. “New Epsilon research indicates 80% of Consumers are more likely to make a purchase when brands offer personalized experiences”, 2020) ma che i suddetti brand rischiano di perdere il 38% della customer base a causa di una personalizzazione insufficiente (Gartner. “Gartner Survey Shows Brands Risk Losing 38 Percent of Customers Because of Poor Marketing Personalization Efforts.” March 11, 2019). Ignorando questi concetti inerenti all’importanza della differenziazione, i consumatori non si sentiranno compresi e ciò porterà ad un tasso di abbandono dei clienti maggiore, una minor fedeltà, meno acquisti d’impulso e anche un ROAS inferiore (Forbes. “Personalized Customer Experience Increases Revenue And Loyalty.” October 29, 2017): se le aziende non saranno in grado di fornire soluzioni ed esperienze simili, raramente riceveranno una seconda chance dall’acquirente.
1.6 Il valore della personalizzazione.
Più un’azienda riuscirà a profilare e a suddividere il proprio target di riferimento in diversi gruppi specifici con svariati bisogni e aspettative, meglio potrà servirli (Day, 2003) ottenendo redditività superiori rispetto ad altre soluzioni di aggregazione della clientela. Quanto appena detto è stato dimostrato empiricamente da Rust e Verhoef (2005), il cui modello CRM ha sfruttato l’alto livello di eterogeneità nella risposta dei clienti agli interventi di marketing.
Si tratta del tradizionale studio e analisi del cliente al fine di segmentare per comprendere le sue necessità, desideri e frustrazioni. La segmentazione fornisce le informazioni per identificare, attrarre, sviluppare e mantenere i clienti più preziosi ma anche quelli più vulnerabili alla concorrenza, cogliendo le criticità che minano il processo al fine di individuare soluzioni adeguate.
Buyer persona e i tradizionali principi STP sono operazioni preliminari, non solo tutt’ora valide ma strategiche per garantire il successo negli step successivi in ottica di customer retention (ma anche per cogliere le opportunità di mercato e per minimizzare le minacce e i rischi aziendali). Nonostante il processo di segmentazione e di posizionamento sia simile a quello del passato, non si dovrà pensare al key customer come “segmento di mercato” ma come una persona reale.
Naturalmente col passare del tempo gli approcci alla segmentazione, da sempre base fondante della comprensione dei clienti e dell’ambiente circostante, si sono evoluti, ampliati e innovati essendo mutato il comportamento stesso dei consumatori, il quale è sempre più dinamico, ma anche per via dell’aumento della competizione e dell’influenza del digitale e della tecnologia. Se in passato era sufficiente segmentare in modo superficiale personalizzando limitatamente l’esperienza, oggi risulta di primaria importanza proporre ai clienti soluzioni studiate su misura per ogni cliente.
Per conoscere meglio i clienti, si è andati ben oltre alle convenzionali componenti sociodemografiche e attitudinali, prendendo in considerazione, per esempio, anche quelle psicografiche, comportamenti, sulla redditività futura o sul CLV (come vedremo in seguito), sui bisogni da soddisfare, sugli interessi e sulle varie preferenze del target o una combinazione di queste (Capgemini Consulting, Winning at segmentation: Strategies for a digital age), non focalizzandosi solo su ciò che viene comprato ma anche come. Età, sesso, reddito e livello di istruzione non possono più bastare. Viene richiesto un livello più profondo di analisi. Inoltre, nell’articolo redatto da Capgemini Consulting (Capgemini Consulting, Winning at segmentation: Strategies for a digital age), si sostiene che essendo la centralità del cliente una fonte crescente di vantaggio competitivo, diverrà fondamentale per le imprese adottare approcci più “esterni” alla segmentazione, non solo fattori di valore per l’azienda ma anche quelli per il consumatore. Viene ripreso così il concetto di duplice creazione di valore che assume una valenza condivisa.
Per sviluppare la Customer Centricity è necessario profilare i clienti, nonché mappare l’ecosistema esperienziale, analizzare la Voice of the Customer, ovvero l’ascolto del giudizio dei clienti, e individuare i momenti chiave dell’esperienza, i cosiddetti Moments of Truth. L’essenza del coinvolgimento è quella dell’ascolto e del dialogo aperto e continuo, accumulando le raccomandazioni, le dichiarazioni, le domande e i reclami per poi trasformarli in conoscenza utile a migliorare costantemente.
L’intera organizzazione dovrà avere un focus particolare sull’acquisizione e gestione di questa tipologia di input esterni che verranno elaborati per diventare insight aziendali essenziali. Da questa prospettiva, i clienti diventano una preziosa fonte di informazioni e i loro feedback (positivi e negativi), attivamente sollecitati e correttamente raccolti dai vari canali e fonti, rappresentano una risorsa per il miglioramento dell’impresa e per guidare il cambiamento per aumentare il livello di soddisfazione. I consumatori devono essere ascoltati.
Dal 2019 al 2020 si è osservato un incremento delle aziende intente a monitorare la soddisfazione dei clienti (+4%), le recensioni online (+4%) e il Net Promoter Score (+6%) (Hubspot, State of Service Report, 2020.
